Uno studio condotto da LWL University Hospital di Bochum (Germania) ha dimostrato che fissando lo sguardo di un’altra persona si attivano le aree del cervello deputate al riconoscimento del vissuto emotivo dell’altro. In particolare amigdala e ippocampo rivestono un ruolo chiave per consentirci di decifrare sensazioni e memorie del passato collegate alle emozioni. Come per la madeleine di Proust, la rappresentazione mentale degli stati emotivi connessi ad un’esperienza del passato facilita l’empatia e ci permette di anticipare credenze, intenzioni e comportamenti. Ma questo è vero solo se ci relazioniamo con persone del nostro stesso sesso. La ricerca dimostra infatti che gli uomini hanno maggiore facilità nel “vestire i panni dell’altro” quando si tratta di un uomo, mentre le loro percezioni si confondono quando fissano lo sguardo di una donna. Ma le differenze di genere non si fermano qui…
Anche emozioni tra le più “pericolose” per la relazione, come disgusto e disprezzo, attivano un network di aree del cervello diverso in uomini e donne. Analizziamo insieme di cosa si tratta esattamente, perché, seppur correlate nel vissuto comune, disgusto e disprezzo presentano differenze di significato importanti. In sintesi possiamo dire che il disprezzo è una risposta alla violazione di codici morali riguardanti la mancanza di rispetto per doveri o gerarchie, mentre il disgusto è la risposta a violazioni della purezza del corpo, come ad esempio di tabù alimentari o sessuali.
Entrambe le emozioni provocano una reazione di disapprovazione, che può essere accompagnata da un senso di disagio fisico (disgusto) o di indignata compiacenza (disprezzo) e seguita da un certo grado di ostilità (collera). L’espressione di disprezzo segnala per sua natura informazioni interpersonali di posizionamento nella gerarchia sociale ed è quindi sempre diretta a una persona: se una persona mostra disprezzo verso un’altra, segnala la propria percezione di occupare una posizione superiore. Il disgusto invece riguarda oggetti inanimati ed è indotto da stimoli non sociali, come mangiare cibo cattivo o avariato. Sarà rivolto a comportamenti di persone, non a persone in sé, solo nel caso tali comportamenti violino regole socioculturali di purezza del corpo. In modo schematico, e secondo la definizione di Schweder, possiamo definire il disprezzo come una violazione di codici di “etica della comunità” e il disgusto come violazione di codici di “etica della divinità”.
In tutto questo, e per tornare alle differenze tra uomo e donna nella reazione alle emozioni, risulta che gli uomini mostrano risposte neurali più forti alle espressioni di disprezzo, mentre le donne a quelle di disgusto. E che le donne si mostrano più reattive a espressioni di disprezzo mostrato da uomini piuttosto che da donne. La ricerca scientifica sembra suggerire che esista una base neurale “biologica” per le differenze relative alla sensibilità morale alla gerarchia (uomini) da una parte e alla purezza fisica (donne) dall’altra. Senza contare poi che a un livello più individuale, l’espressione di disprezzo sembra essere in relazione ai livelli di testosterone.
Come gestire tutto questo? Come impedire che disgusto e disprezzo distruggano le nostre relazioni già tanto complicate dalle nostre differenze di genere?
Acquisire competenza nel conoscere le emozioni, imparare a leggerle sui visi e a distinguerle nel timbro della voce, gestire le nostre reazioni a quanto percepiamo e infine scegliere cosa fare.
Con un solo, attentissimo, sguardo capire cosa realmente succede e reagire mettendo in gioco le nostre competenze emotive.
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