Siamo sinceri, le critiche non piacciono a nessuno. Riceverle può essere difficile, ma saperle dare in modo costruttivo è una vera e propria abilità. Quando facciamo presente a un nostro collaboratore che il lavoro svolto non soddisfa le aspettative aziendali, dobbiamo stare ben attenti a non cadere nel giudizio, perché la reazione potrebbe essere quella di giustificarsi, anziché riflettere su quanto suggerito. Soprattutto quando i progetti sono ad alto rischio, e le persone si impegnano credendo di aver svolto un buon lavoro, le nostre parole possono risuonare come un attacco e il conflitto potrebbe esplodere da un momento all’altro, dando il via a una reazione a catena che inasprisce i rapporti. L’errore principale che commettiamo, spesso inconsapevolmente, è di concentrarci solo sugli aspetti negativi dimenticandoci di fornire un’alternativa. Ciò che reputiamo errato, impreciso o confuso, ci salta subito all’occhio ed è facile pronunciare frasi come “Così non va bene, hai sbagliato”.
In questo modo però, oltre a evidenziare la parte negativa, la critica sembra rivolgersi più alla persona che al contenuto. È per questo che spesso chi la riceve ha difficoltà a comprenderla e accettarla. Suona invece in maniera del tutto diversa una frase del tipo “Il passaggio in questa parte del progetto non mi è chiaro, potresti svilupparlo meglio?”. Questo perché la critica costruttiva si focalizza sulla prestazione e non sulla persona, è ben focalizzata sul contenuto e, oltre ad affrontare il problema, apre a una nuova possibilità, così chi la riceve sa che può porvi rimedio. Ma se vogliamo essere certi che la nostra critica venga accolta di buon grado, dobbiamo ricordarci di utilizzare un ingrediente segreto: le leve motivazionali del nostro interlocutore.
Quando parliamo di leve motivazionali ci riferiamo ai fattori che ci spingono a fare quello che facciamo. Le motivazioni, dal latino “motus”, ovvero “muoversi verso”, “andare incontro”, sono delle forze che ci fanno tendere verso una determinata azione. A seconda delle esperienze personali, ognuno di noi è guidato da alcune leve motivazionali piuttosto che da altre. Questo significa che, se qualcosa è importante per noi non è detto che lo sia per qualcun altro. Le leve motivazionali variano da individuo a individuo e possono comprendere il desiderio di riconoscimento, la ricerca di un ambiente di lavoro armonico, il desiderio di un buon compenso ecc. Quando ci troviamo di fronte a una situazione in cui è necessario esprimere una critica, è utile ricordarsi quali sono le leve motivazionali principali del nostro interlocutore. Ad esempio, un collaboratore potrebbe essere particolarmente motivato dalla crescita. In questo caso, è importante evidenziare come la critica porti a miglioramento del lavoro svolto. Inoltre, per toccare al meglio la leva di una persona è necessario riuscirla a proiettare nel futuro. Chi riceve la critica deve essere in grado di vedere cosa accadrà quando modificherà il suo operato.
Individuare le leve motivazionali dei nostri interlocutori è possibile se focalizziamo l’attenzione sulle loro scelte lessicali. È curioso notare come alcune parole siano connesse a specifiche motivazioni. Chi utilizza spesso termini come “condivisione, aiuto” è mosso da una motivazione di tipo sociale, chi invece parla di “status, unicità” è sensibile a ragioni di stampo individualistico. Questo significa che se dobbiamo offrire una critica nel primo caso evidenzieremo il beneficio che la modifica del lavoro potrà dare ad altri, mente nel secondo metteremo sotto i riflettori come modificare il lavoro sia motivo di valorizzazione e riconoscimento personale. Saper cogliere le sfumature lessicali dei nostri collaboratori ci offre un importante quadro su quali siano le loro motivazioni principali. Sviluppare questa consapevolezza diventa strategico, perché ci permette di costruire messaggi in sintonia con la loro visione del mondo. Infatti, quanto più evitiamo di mettere le nostre parole, tanto più invitiamo l’altro ad aprirsi al dialogo. Quanto più il messaggio verrà confezionato con “le parole dell’altro”, tanto più risulterà efficace.
Quando le critiche sono costruttive e fatte su misura le relazioni possono evolvere e fortificarsi. Perché da un lato dimostriamo all’altro di capire il suo punto di vista e dall’altro riveliamo che la critica non distrugge la fiducia reciproca, mostrando invece passi concreti verso il miglioramento. Questo approccio tagliato sulla realtà personale ha il vantaggio di far sentire i dipendenti compresi e con un maggior senso di agency. Per ultimo, ma non in termini di importanza, riusciamo a concentrarci sulla funzione principale delle critiche: la riflessione e il cambiamento.
Testo di Valentina Gentileschi
Il tuo carrello è vuoto.