LE SORTI DELLE AZIENDE si capovolgono con la stessa rapidità con cui i professionisti cambiano posto di lavoro. Il “job hopping” è una tendenza nata in America, ma che da alcuni anni ormai si è diffusa anche in Italia. Complici le condizioni contrattuali precarie, sono soprattutto i giovani quelli che passano da un’occupazione all’altra in cerca di benefit migliori. Le figure intermedie però non sono esonerate. Il middle management e le posizioni più a rischio di burn out possono essere trascinate dentro il vortice dell’insoddisfazione molto facilmente.
Purtroppo, non si tratta di un’impressione. I dati parlano chiaro: l’engagement dei lavoratori è basso, solo il 4% dei dipendenti in Italia si definisce “engaged”, cioè coinvolto nelle dinamiche della propria azienda. Le Grandi Dimissioni e il Quiet Quitting sono solo le ultime espressioni di un malcontento generalizzato. Il fenomeno dell’engagement diventa sempre più attuale perché, quando i collaboratori non si sentono coinvolti, a risentirne sono (anche) le organizzazioni.
L’employee engagement può essere considerato infatti il riflesso della qualità del percorso di un lavoratore e di conseguenza del rapporto che quest’ultimo ha con l’ente. Chi non si sente coinvolto non è motivato verso il lavoro, verso i colleghi e verso la propria crescita professionale. Può provare un senso di disconnessione nei confronti dell’azienda, e questo avviene principalmente a due livelli: quello mentale e quello emotivo.
Tralasciando l’aspetto economico, che è un elemento trasversale da considerare, le persone possono iniziare a percepire un senso di disconnessione a livello mentale quando si sentono stressate, quando percepiscono di avere poco tempo a disposizione o non comprendono più quale sia il loro contributo all’interno dell’organizzazione.
È compito di quest’ultima, infatti, delineare e valorizzare il “purpose”, cioè lo scopo, e chiarire il motivo per cui quel lavoratore sta facendo quello che fa. Conoscere la raison d’être di un’organizzazione consente al lavoratore di giudicare se ciò che sta facendo è all’altezza dei suoi obiettivi.
La disconnessione emotiva, invece, è più difficile da contrastare. L’azienda dovrebbe rappresentare il mezzo attraverso cui l’individuo si realizza. Quando si è coinvolti a livello emotivo ci si sente parte di una visione condivisa e si prova un vero e proprio senso di affezione per l’azienda. I lavoratori non si limitano a fare il proprio dovere nei tempi stabiliti, ma sono orgogliosi di partecipare ai progetti in cui sono coinvolti perché condividono la mission aziendale e sono consapevoli dell’importanza del loro ruolo per raggiungere obiettivi a breve e lungo termine. Il venir meno di questo sentimento di appartenenza è un campanello d’allarme significativo. Essere indifferenti alla cultura aziendale si traduce in una scarsa motivazione e dunque in una minor produttività. È risaputo infatti che, a parità di competenze e ore lavorative svolte, il dipendente più “engaged” è anche il più produttivo, proprio perché più appagato. Affinché i lavoratori rimangano connessi a livello mentale ed emotivo è necessario costruire rapporti basati su dialogo e fiducia. Il terreno fertile per promuovere l’engagement è infatti quello dove azienda e lavoratore interagiscono come vasi comunicanti in grado di influenzarsi e arricchirsi a vicenda; in cui l’uno riconosce il valore dell’altro e dove obiettivi e valori coincidono.
Di fronte al profondo ripensamento del rapporto di lavoro, c’è chi non si scoraggia. Le evidenze del mercato ci dicono che in un quadro ostico come quello delineato, molte aziende innovative stanno trasformando la sfida dell’engagement in opportunità.
Colgono cioè quest’occasione per perfezionare i modelli organizzativi, introdurre nella dimensione di senso del lavoro aspetti come la qualità emotiva e l’allineamento dei bisogni personali con quelli aziendali. Riconnettere le proprie persone al senso organizzativo risulta imprescindibile per far fronte alla percezione di instabilità che pervade i nostri tempi.
Testo di Diego Ingrassia, Harvard Business Review Giugno 2024
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