Più gli anni passano più alcuni valori che conoscevamo vanno a fondo, un po’ come gli abitanti delle Isole Fiji, travolti dal cambiamento climatico e dall’innalzamento del livello dell’acqua. Lo sguardo della giovane Akessa, seduta su una sedia appoggiata su un fondale di coralli spezzati, è lo sguardo di una persona che osserva consapevole il lento e continuo deteriorarsi dell’ambiente circostante.
Nick Brandt è uno dei fotografi più influenti del nostro tempo, famoso per le sue potenti immagini che trasmettono l’impatto della distruzione ambientale sul nostro pianeta. “Sink and Rise” è solo il terzo capitolo di un ampio progetto che denuncia l’impatto del cambiamento climatico nelle Isole Fiji, a Sud del Pacifico. I dati sono inequivocabili e sotto gli occhi di chi li vive: il livello del mare cresce di sei millimetri l’anno e i cicloni tropicali si infrangono sulle coste con una violenza sempre maggiore.
Ma qual è il filo che unisce questi meravigliosi scatti al cambiamento dei valori nella società moderna e, più nello specifico, all’interno delle organizzazioni?
Molte cose si possono dire e molte sono state dette rispetto all’inarrestabile crisi dei valori che stiamo vivendo. Esiste un’idea diffusa per cui siamo diventati più individualisti, meno responsabili e meno disposti a far fatica rispetto al passato. Questo si riflette sul mondo del lavoro e sulle aspettative di aziende e candidati. La crisi economica, l’evoluzione digitale e l’inattesa pandemia hanno avuto un impatto enorme sul modo di vivere delle persone che hanno rivalutato le loro priorità. Come nel cambiamento climatico, così nel cambiamento dei valori, siamo vittime e allo stesso tempo agenti attivi. La maggiore libertà di scelta di cui godiamo è una delle cause dei licenziamenti volontari che hanno preso piede negli ultimi anni con il fenomeno della Great Resignation, alla quale si è aggiunto anche il Quiet Quitting. Si potrebbe dire che quest’ultimo sia l’opposto dell’engagement aziendale. Se una volta i collaboratori si sentivano coinvolti nell’impresa in cui operavano e ne condividevano la missione e i valori fondamentali, oggi non è più così scontato. Alcuni valori sono affondati. Ma non tutto ciò che affonda deve essere lasciato andare. Possiamo, anzi abbiamo il dovere, di mantenere in vita ciò che reputiamo fondamentale e integrarlo con le nuove necessità. Lamentarci dell’indifferenza dilagante delle nuove generazioni non aumenterà di certo la loro retention.
Chi decide di lasciare il posto di lavoro lo fa per una serie di ragioni che vanno dallo stress alle relazioni professionali insoddisfacenti, oppure lo fa per una prospettiva migliore di stipendio o per la necessità di un equilibrio maggiore tra vita privata e lavoro. Questo ci dice che alcuni valori, come la stabilità contrattuale e la carriera intesa come mezzo per raggiungere il successo, hanno perso importanza, di fronte alla possibilità di una maggiore autonomia e al riconoscimento delle proprie competenze. È qualcosa che racconta un profondo cambiamento culturale che non può essere ignorato. L’ideazione di nuovi strumenti e strategie è importante, ma allo stesso tempo è essenziale riflettere su quello che vogliamo mantenere. Perseguire l’innovazione non significa adattarsi in maniera acritica ai cambiamenti e abbandonare tutto ciò che è sentito come vecchio. Il rispetto, il senso di responsabilità e il saper aspettare, sono per esempio dei valori che rischiano di scomparire in nome della performance e della velocità.
Gli abitanti delle Isole Fiji ci dimostrano, e documentano attraverso i loro corpi, che alcuni luoghi bellissimi potrebbero sparire se continuiamo in una certa direzione, ma che è ancora possibile fare qualcosa. Ogni crisi porta con sé l’opportunità di cambiare, ma anche la possibilità di riflettere su cosa non vogliamo lasciare andare.
Testo di Giulia Davanzante
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