Tutte le emozioni di felicità sono piacevoli, ma non allo stesso modo.
Cosa si intende quando si dice che un’emozione è positiva o negativa? Quando usiamo il termine “negativo” non sappiamo a quale emozione si riferisce. È la paura, la rabbia, il disgusto, o il fatto che non abbia importanza? Se uniamo le varie emozioni non riusciamo a definire quale sia più importante di un altra, dato che ognuna ha un profilo diverso, dei segnali diversi, un contesto sociale diverso, una fisiologia diversa, ecc. E ognuna di queste cosiddette emozioni negative può avere una funzione molto positiva, come per esempio, mobilitarci per scappare dal pericolo. Inoltre, non è raro che le persone godano nel provare le cosiddette emozioni “negative”; c’è chi ama leggere libri strappalacrime, chi adora vedere film di paura e persino chi cerca esperienze collegate a queste emozioni definite negative.
In questa sede propongo la possibilità di considerare l’esistenza di almeno 16 diverse emozioni piacevoli, ognuna differente dall’altra, proprio come la rabbia è diversa dalla paura. Non ci sono molte prove a sostegno di queste distinzioni, ma non ce ne saranno se continuiamo a metterle insieme con la patina di emozioni di felicità. Dati i limiti di spazio posso fare poco più che nominarle, ma nel mio libro “Emotions Revealed”, le elaboro maggiormente.
I primi cinque sono i piaceri sensoriali derivati dal gusto, dall’odore, dal tatto, dalla vista e dall’ udito. Fredrickson e Branigan (2001) sostengono che queste non dovrebbero essere considerate emozioni perché non richiedono una valutazione. Ma il piacere provato assistendo a un tramonto implica meno valutazione della paura provata quando una sedia crolla? Molto di ciò che fornisce piacere sensoriale comporta una valutazione e spesso molto ampia.
Solo la ricerca che esamina quando si verificano, come vengono segnalate e cosa avviene internamente, può rispondere a questa domanda. Per ora credo che dovremmo indagare su ognuna di esse. Se stiamo usando un compito di memoria non dovremmo chiedere a qualcuno di ricordare un’esperienza felice, ma dovremmo specificare quali di queste esperienze felici vogliamo che vengano recuperate. Se stiamo cercando di identificare il segnale, vocale, facciale o posturale, non dovremmo più chiedere alle persone di posare la felicità, ma piuttosto chiedere alla persona di posare il divertimento, o il sollievo, ecc. È solo facendo queste distinzioni che scopriremo quante se ne devono fare.
Sono abbastanza convinto che il volto non fornisca segnali distintivi per ciascuna di queste emozioni piacevoli. Una qualche versione di quello che ho chiamato il sorriso di Duchenne (1990) può essere visto in ognuna delle emozioni sopra elencate, anche se la dinamica temporale e l’intensità possono variare. Sostengo (1992) invece che sia la voce a fornire il segnale distintivo per ciascuna di esse. Pensate per un momento al suono del sollievo rispetto al suono del divertimento. Scott e Calder hanno finora identificato un segnale vocale diverso per le quattro emozioni piacevoli che hanno studiato. Credo che se ne troveranno altri.
Queste emozioni piacevoli motivano la nostra vita; ci inducono a fare cose che in generale sono buone per noi. Ci incoraggiano a impegnarci in attività che sono necessarie per la sopravvivenza della nostra specie, compresa la riproduzione e la facilitazione della crescita dei bambini. Come Tomkins (1962), credo che la ricerca del piacere sia una motivazione primaria nella nostra vita. Ma quale emozione piacevole perseguiamo maggiormente? Tutti possiamo provare tutte queste emozioni, ma la maggior parte di noi ne preferisce alcune più di altre. Le persone organizzano la loro vita per massimizzare l’esperienza di alcuni di questi piaceri.
LIBERAMENTE TRADDOTTO DA PAUL EKMAN GROUP
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