La fine del lavoro è il titolo di un saggio del 1995 di Jeremy Rifkin, economista americano molto attivo nel cercare di prevedere e spiegare gli effetti dei grandi cambiamenti in atto nella società moderna. Rifkin non era il solo a prefigurare, con alcuni anni di anticipo, le imponenti trasformazioni nel mondo del lavoro legate all’introduzione delle tecnologie digitali, ma nessuno avrebbe potuto mai immaginare uno scenario come quello che abbiamo conosciuto in questi ultimi due anni, attraversati dall’emergenza sanitaria. In un tempo decisamente breve, un numero enorme di lavoratori ha potuto toccare con mano una dimensione diversa del lavoro e, per quanto la situazione attuale sia tutt’altro che stabilizzata, la sensazione che si sia compiuta una svolta dalla quale non si potrà più tornare indietro è molto forte. Impressione che pare confermata dalle forti richieste di mantenere una parte consistente del lavoro al di fuori delle sedi tradizionali e, più recentemente, dal fenomeno delle dimissioni spontanee dal lavoro, la “great resignation”, segnalato per la prima volta negli Stati Uniti, ma che ora comincia ad assumere proporzioni significative anche nel nostro Paese.
Esiste una vasta letteratura riguardo alle strategie per gestire gli scenari di crisi. La grande recessione economica del 2008, la consapevolezza sempre più diffusa dei problemi ambientali, e ora una crisi sanitaria di proporzioni globali, hanno reso questi eventi tutt’altro che teorici, molto concreti. La capacità di affrontare gli enormi problemi generati da queste situazioni dipende sicuramente dalla qualità delle decisioni e dalle iniziative messe in atto, ma un ruolo determinante è affidato alle persone che ricoprono, a vario titolo, ruoli di responsabilità. In ambito aziendale si è sviluppata una vera e propria disciplina, definita “crisis management”, finalizzata allo studio e alla risoluzione di queste fasi estremamente delicate, e per chi si occupa di formazione è diventato molto importante riuscire a identificare le competenze capaci di fare realmente la differenza durante la gestione di questi processi.
Alcune delle più importanti qualità ruotano intorno a un’area di competenza che possiamo efficacemente sintetizzare attraverso il concetto di resilienza. A questo punto, tuttavia, è necessario un chiarimento, perché il recente abuso di questa parola ha generato una banalizzazione, e a volte anche un travisamento del suo significato originario. La parola resilienza compare nelle scienze sociali con un significato chiaramente metaforico, mutuato dallo studio dei materiali: un materiale viene definito resiliente quando è in grado di ritornare allo stato iniziale dopo aver subìto uno shock. Una persona o un sistema sociale sono quindi resilienti quando riescono a sviluppare una “forza intelligente”, un processo evolutivo che consente di ricostruire un nuovo equilibrio dopo un evento traumatico. Espressione di un comportamento che non si limita a resistere, condizione che produrrebbe un graduale ma inevitabile logoramento, ma che è capace invece di attivare un processo dinamico, alimentato da un pensiero positivo in grado di valutare la situazione critica e mostrare nello stesso tempo fiducia nella sua soluzione. La persona resiliente non si arrende di fronte alle difficoltà, la sua volontà di essere soggetto attivo non la fa mai sentire in balìa degli eventi, reagisce sapendo di poter attingere dalle proprie risorse e da quelle presenti nell’ambiente. Ascolta, osserva, cerca di comprendere, mostra flessibilità e apertura al cambiamento, è pronta ad apprendere da nuove esperienze attraverso un processo sinergico capace di integrare nuove energie.
Tuttora immersi in uno scenario di crisi globale, che ha inciso profondamente nella vita delle persone, con forti ripercussioni in campo economico, politico e sanitario, è difficile non attribuire un valore positivo alle qualità che abbiamo cercato di sintetizzare. È bene quindi non lasciarsi distrarre dalle mode e da sguardi superficiali; la possibilità di “educare alla resilienza” è intimamente legata alla nostra capacità di restituire profondità e significato a questo concetto, in modo da poter individuare e mettere in atto le strategie formative più adatte per riuscire a far comprendere e sviluppare questa importante competenza: una delle risposte adattive più efficaci di fronte alla complessità della realtà che ci circonda.
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