Tra i tanti contributi del sociologo canadese Marshall McLuhan è rimasta particolarmente famosa la frase: “Il medium è il messaggio”, secondo cui il vero messaggio di un mezzo di comunicazione consiste nel cambiamento di filtro che impone alla nostra percezione della realtà, mutando gli schemi, i tempi e gli spazi delle relazioni tra le persone. I “fatti” accadevano anche prima dell’invenzione del telegrafo, afferma McLuhan, ma il telegrafo li trasforma in “notizie” e li fa viaggiare a velocità prima inimmaginabili: era nata l’idea di “villaggio globale”.
Il Web ha dato a ognuno di noi ha la possibilità di trasformare un fatto in “notizia”; se lo scopo dell’etica è interrogarsi riguardo al senso del nostro agire, mai come oggi appare importante interrogarsi intorno al senso del nostro agire comunicativo.
A questo proposito è significativo notare che la comunicazione in rete, fin dalle sue origini, ha sentito il bisogno di creare alcuni principi di buon comportamento definiti: “netiquette”, neologismo nato dalla fusione della parola inglese network con il termine francese étiquette. Quella approvata dalla Registration Authority Italiana è un insieme di regole e norme in larga parte orientate alla buona educazione e al buon senso; in alcune affermazioni tuttavia s’intravede il tentativo di definire un’etica della comunicazione in rete ispirandosi a valori comuni: un invito alla riflessione che dovrebbe precedere qualunque intervento, il rispetto della privacy, l’importanza di essere chiari, accurati e precisi, oltre ad alcune specifiche indicazioni riguardanti la gestione delle relazioni. Sappiamo bene tuttavia quanto questi presupposti vengano completamente disattesi nella pratica in moltissime situazioni, e quanto il fenomeno dei social media abbia amplificato questo fenomeno.
L’origine degli studi sull’etica della comunicazione è legata al nome di Karl Otto Apel: il filosofo tedesco fonda la sua ricerca sulla necessità di costruire un’etica razionale universale. Al pensiero, afferma Apel, è sempre connessa una pretesa intersoggettiva di senso e per questo ritiene che ogni argomentazione implichi un insieme minimo di regole che identifica in quattro principi fondamentali:
1. Una pretesa di senso: ogni persona nell’argomentare è tenuta a dare un significato che sia comprensibile tra i soggetti comunicanti
2. Una pretesa di verità: un corretto rapporto semantico tra ciò che si afferma e la realtà
3. Una pretesa di veridicità: chiunque argomenta in modo serio accetta di essere persuaso di ciò che dice
4. Una pretesa di giustezza: ogni persona è tenuta a rispettare le norme della comunità, gruppo o contesto nel quale si trova.
I princìpi espressi dalla netiquette e le regole di Apel sono importanti e potrebbero, se rispettati, garantire una buona qualità della comunicazione in rete. Scontano tuttavia il limite di essere poco conosciuti e di rappresentare una visione ritenuta probabilmente troppo formale. Un approccio più concreto, orientato a gettare le basi per lo sviluppo di progetti formativi in materia, deve poter identificare e chiarire linee guida e princìpi di riferimento. Proviamo dunque ad approfondire alcuni concetti chiave per cercare di comprenderne il loro reale valore.
L’idea di responsabilità: deriva dalla consapevolezza della complessità del processo di comunicazione. Abbandonata la visione statica o meramente informativa dell’interazione, la visione sistemica della comunicazione vede il soggetto all’interno di un modello circolare e ricorsivo caratterizzato da un vincolo d’interdipendenza: il nostro agire comunicativo influenza e dipende dall’agire comunicativo dell’altro. Ogni tentativo di eludere questo livello di complessità porta a visioni riduttive e parziali di quanto avviene nell’interazione, impedendo, ancor prima di un atteggiamento etico, un approccio consapevole alla comunicazione.
L’importanza dell’aspetto informativo: definire un obiettivo informativo, perseguirlo con semplicità e chiarezza attraverso un proprio schema argomentativo, attuare un controllo capace di contenere possibili errori e incomprensioni, costituiscono un insieme di elementi di grande importanza (indipendentemente dalle capacità individuali) per un approccio etico alla gestione dei flussi informativi.
Il valore dell’ascolto: molto si è detto sull’ascolto come “gesto” di attenzione e disponibilità nei confronti dell’altro, oltre alla sua importanza per una piena comprensione di quanto comunicato. Interrogandosi sui risvolti etici dell’ascolto è importante andare oltre una dimensione “formale”, quella osservabile dall’esterno, per esplorare una dimensione “interna”. L’ascolto diviene allora un esercizio capace di tracciare una distinzione tra “comprendere e condividere”, caratterizzato da un atteggiamento orientato a cercare di capire il “mondo dell’altro”. Ogni comportamento, infatti, visto dalla parte di chi lo produce ha un senso.
La dimensione relazionale: la comunicazione è un processo di relazione. La consapevolezza dell’importanza e del valore della relazione è una premessa indispensabile per un approccio orientato a valorizzare la dimensione intersoggettiva della “costruzione di senso”. Ma ciò che accade nella relazione è poco conosciuto: lo studio della pragmatica della comunicazione ci insegna che non è possibile parlare di responsabilità e di un approccio etico alla comunicazione in assenza di un’adeguata consapevolezza riguardo alla dinamica relazionale.
L’idea negoziale: accettare la complessità della comunicazione apre inevitabilmente alla possibilità di dover affrontare e risolvere conflitti. La negoziazione è l’unico meccanismo di coordinamento del confronto capace di risolvere i conflitti creando valore, un “metodo” che la civiltà ha inventato per cercare di sostituire lo scontro fisico con le parole. Ma se vogliamo che questo avvenga è necessario condividere alcune regole e la principale è: il reciproco riconoscimento degli individui o dei gruppi coinvolti nel confronto negoziale, ciascuno dei quali è chiamato a rispettare la rappresentazione che l’altro fornisce della propria identità. In sintesi, si può non essere d’accordo con l’altro, è possibile non condividerne il pensiero e le idee, ma non si può mai negare all’altro il diritto di esprimersi e rappresentarsi per quello che pensa di sé.
La libertà individuale: non esiste idea di libertà che prescinda da un vincolo, da un sistema di relazioni a cui siamo in qualche modo legati. Si è sempre liberi rispetto a qualcosa, e non si è mai liberi rispetto a ciò che non si conosce. Il rischio quindi che l’etica della comunicazione venga vista come un insieme statico di norme riguarda solo chi non abbia ancora compreso la natura complessa della comunicazione. Un approccio etico alla comunicazione può invece convivere con la massima libertà di espressione individuale; affinché questo sia possibile è però necessaria una profonda riflessione su questi temi che conduca a una maggiore competenza e consapevolezza.
Il tuo carrello è vuoto.