Articolo di Diego Ingrassia – “StoryTelling for Leader“ – FEBBRAIO 2019 LEADERSHIP & MANAGEMENT
Lo storytelling ha origini antichissime, nella ricerca delle sue prime testimonianze scritte possiamo spingerci fino a 2.500 anni prima dell’era cristiana. Questa infatti è la datazione dell’Epopea di Gilgameš, il poema epico Babilonese che narra le gesta del sovrano di Uruk. Se poi volessimo ricercare la sua origine nella tradizione orale, le sue tracce si perderebbero nella notte dei tempi, perché da sempre lo sviluppo della civiltà umana è stato accompagnato dal racconto di storie. Non dobbiamo dimenticare che la trasmissione del sapere, attraverso la narrazione orale, ha rivestito un’importanza fondamentale per la maggior parte degli esseri umani fino a epoche molto recenti: di fatto fino alla diffusione dei primi mezzi di comunicazione di massa.
Da alcuni anni assistiamo a una riscoperta di questo potente strumento attraverso molteplici forme: dal classico speech di un oratore, allo spot pubblicitario, per arrivare alle realizzazioni più recenti, come le Instagram stories, che possiamo considerare la trasposizione digitale delle vecchie strisce di fumetti presenti sui quotidiani a partire da fine ottocento. Per quanto riguarda gli ambienti e i contesti nei quali viene utilizzato, lo storytelling ha travalicato da tempo i settori più tradizionali per diffondersi al mondo della politica, dell’educazione, dello sport e all’interno delle aziende, non solo per quanto riguarda la pubblicità, ma anche come potente strumento di comunicazione interna. L’aspetto più interessante è che, per quanto questi esempi siano tra loro molto diversi, alcune regole di fondo non cambiano, e sono le medesime regole che hanno accompagnato l’efficacia e la fortuna di queste “storie memorabili” dall’origine dei tempi.
Quali sono queste regole:
Alcuni esempi possono aiutarci a comprendere meglio queste caratteristiche.
C’è una regola, che solitamente viene attribuita alla tradizione della letteratura anglosassone, che si riassume nella frase: “Show, don’t tell”, il senso di questa frase è chiaro: se vuoi essere efficace, per evocare, per indurre un’emozione, per generare il meccanismo di identificazione nel lettore, o nell’ascoltatore, non spiegarmi le cose, fammele vedere. E se puoi, fallo in modo suggestivo. Ma aver attribuito questo concetto alla sola letteratura anglosassone è riduttivo, basterebbe citare lo scrittore russo Anton Checov, che è ancora più esplicativo quando afferma: “Non dirmi che la luna splende, mostrami il bagliore della sua luce sul vetro rotto”. Questo esempio contiene il potere dell’immagine, e spiega molto bene l’efficacia dell’approccio indiretto: non mi devi mostrare direttamente il soggetto, ma qualcosa che lo evoca. Nell’agosto del 2005, quando l’uragano Katrina devastò la città di New Orleans, i giornali di tutto il mondo pubblicarono molte immagini per documentare gli spaventosi danni alle strutture cittadine, ma nulla riuscì a trasmettermi la violenza di quell’uragano come la fotografia di una piuma di uccello, conficcata come un dardo, dalla violenza del vento, sul legno di una porta.
Possiamo attingere dalla tradizione letteraria con un altro bellissimo esempio, tratto da Antoine de Saint-Exupéry, l’autore di uno dei capolavori della letteratura mondiale: Il Piccolo Principe:
“Se vuoi costruire una nave non affaticarti a radunare gli uomini, dividere i compiti, impartire gli ordini. Se vuoi costruire una nave, risveglia nei tuoi uomini la nostalgia per il mare vasto e infinito”.
Com’è possibile constatare, questa frase racchiude in sé tutte le regole che precedentemente abbiamo individuato:
I manager di oggi vogliono essere leader efficaci, riconosciuti oltre che riconoscibili, ovvero vogliono essere capaci di influenzare gli altri attraverso la loro comunicazione, senza bisogno di far appello al grado gerarchico per essere seguiti. Ma non sempre il carisma o l’intuito del momento sono sufficienti a raggiungere questo obiettivo, la soluzione risiede invece spesso nell’uso sapiente e strategico della comunicazione: saper dire la cosa giusta al momento giusto per riuscire a rimuovere ostacoli e resistenze.
Una linea sottile divide tuttavia chi impiega le narrazioni in maniera appropriata e chi, pur conoscendo alcune tecniche di comunicazione, appare poco spontaneo e artificioso quando espone. Questo accade perché le persone, quando usano aneddoti o esempi per cercare di essere persuasivi, spesso eccedono: si dilungano in trame altamente sofisticate e ricche di dettagli, fanno uso di tecniche di modulazione della voce poco conosciute, con il rischio di produrre risultati grotteschi. Dobbiamo ricordarci sempre che nella comunicazione la semplicità paga.
Il tuo carrello è vuoto.