Da molti anni ci interroghiamo su come interpretare al meglio i bisogni formativi che le aziende ci manifestano.
Trovare le soluzioni più efficaci per rispondere alle loro richieste è l’essenza del nostro mestiere, compito che risulta tutto sommato abbastanza agevole quando il committente è in grado di definire con sufficiente precisione l’obiettivo che desidera perseguire.
Ma, come ogni anno, sappiamo che tutto questo può non bastare.
Le richieste dei nostri clienti riguardano quasi sempre esigenze concrete, temi e obiettivi specifici; spetta a noi cercare di comprendere cosa si cela dietro le loro parole, perché capire se qualcosa sta cambiando nel modo d’intendere la formazione è strategico per il nostro lavoro.
I processi di cambiamento si manifestano attraverso segnali deboli, è raro che vengano esplicitati; la parte più difficile, ma allo stesso tempo più affascinante, è cercare di comprendere e interpretare questi mutamenti.
È opinione diffusa che nei prossimi 10/15 anni assisteremo a radicali trasformazioni nel mondo del lavoro; come sappiamo, tutto questo è legato ai processi di digitalizzazione e a forme sempre più spinte di automazione dovute ai progressi dell’intelligenza artificiale.
Noi da sempre ci occupiamo delle persone, costruendo percorsi di sviluppo orientati a migliorare le loro competenze, ed è proprio ascoltando le persone che abbiamo colto due principali tendenze, che solo a uno sguardo superficiale possono sembrare del tutto antitetiche.
La prima tendenza è rappresentata da tutte quelle richieste che prendono origine da una ricerca di massima efficienza, soprattutto nei riguardi della risorsa tempo.
La formazione dev’essere allora rapida, sintetica, incisiva, concreta, immediatamente applicabile nella realtà quotidiana: micro-learning, pillole formative, FAD, brevi incontri su temi specifici, attività di team coaching finalizzate alla risoluzione di problemi.
Generare qualità è sempre possibile, ma spingere troppo su queste soluzioni è spesso indice di una cultura organizzativa “stressata” che, temendo l’obsolescenza delle conoscenze, privilegia la velocità e la continua ricerca del nuovo a scapito della profondità e del consolidamento delle competenze.
Per tale ragione non proviamo nessuna meraviglia quando da più parti ci arrivano richieste mirate alla ricerca dell’equilibrio e del benessere delle persone: mindfulness, consapevolezza emotiva, comunicazione non violenta ecc.
Questo, in estrema sintesi, ci racconta il “bollettino della formazione” di quest’anno. Segnali probabilmente premonitori di una stagione di grandi mutamenti, durante la quale dovremo occuparci ancora di più delle persone, nella ricerca del migliore equilibrio tra emozioni e ragione per affrontare le sfide del futuro in modo efficace.
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