Difficile parlare di nuove professioni senza prima prendere in esame la paura, sempre più diffusa, verso un futuro ostile e incerto in cui le macchine intelligenti ruberanno i posti di lavoro agli esseri umani.
La questione è seria anche perché a rilanciarla, ponendola come una reale minaccia per lo sviluppo futuro della nostra civiltà, non ci hanno pensato riviste patinate o trasmissioni in cerca di servizi sensazionalistici, ma personaggi del calibro di Bill Gates, Elon Musk e Stephen Hawking, in un loro appello contro i pericoli di uno sviluppo incontrollato dell’Intelligenza Artificiale.
Se poi vogliamo fare riferimento a specifiche previsioni riguardo al mondo del lavoro, basterebbe citare lo studio di due accademici di Oxford, Carl Benedikt Frey e Michael A. Osborne, i quali hanno calcolato che nei prossimi due decenni, il 47% dei lavori negli Stati Uniti potrebbe essere spazzato via da robot e macchine intelligenti.
Il tema tuttavia è ancora molto controverso e non tutti la pensano allo stesso modo: una recente indagine dell’Ocse, curata da Melanie Arntz, Terry Gregory e Ulrich Zierahn, valuta che appena il 9% dei posti di lavoro nei Paesi più industrializzati sarebbe a rischio.
Quello che è certo è che siamo di fronte a un cambiamento epocale, prova ne è che, contrariamente a quanto molti pensano, l’impatto delle macchine intelligenti non riguarda soltanto il settore della produzione, ma si sta espandendo anche al modo dei servizi, dove il numero di robot e software intelligenti che si interfacciano con gli utenti sono già il doppio di quelli del settore industriale.
Una rivoluzione che sta coinvolgendo comparti del mondo del lavoro, inimmaginabili fino a poco tempo fa, legati ad attività di relazione: avvocati, giornalisti, militari, infermieri, medici, baby sitter, camerieri, ecc.
Nessuna professione insomma sembra essere più totalmente al riparo.
Tutelare il valore dell’intelligenza umana
La paura che le macchine prendano il sopravvento sul lavoro dell’uomo è una storia antica che ci riporta con la memoria all’origine della rivoluzione industriale e ai luddisti che distruggevano i telai meccanici.
Ma la paura odierna non è più verso la macchina come possibile sostituto della ‘forza lavoro’: oggi la macchina sfida l’intelligenza dell’uomo, il suo aspetto più nobile.
È per questa ragione che dobbiamo essere capaci di definire e descrivere con precisione cosa distingue l’intelligenza umana e in quali ambiti non è sostituibile.
Siamo consapevoli che quando l’intelligenza è ‘potere di calcolo’, la macchina è nettamente superiore all’essere umano, ma sappiamo anche che solo in pochi casi, peraltro controversi, un computer è riuscito a superare il Test di Turing (ingannare una giuria di esperti facendogli credere di dialogare a distanza con un essere umano).
Se guardiamo al cervello umano con i suoi 100 miliardi di neuroni e trilioni di sinapsi, ci rendiamo conto che nulla del genere è stato mai nemmeno lontanamente costruito e sul piano dell’esperienza ci accorgiamo che in termini di consapevolezza e nella capacità di elaborare e contestualizzare in modo flessibile gli elementi di senso del reale, un bambino di pochi mesi dispone di capacità enormemente superiori a qualunque macchina intelligente.
Nel futuro, almeno prossimo, non è in atto quindi nessuna sfida a eliminazione con le macchine, si tratta invece di imparare a gestire sempre meglio, come sta già accadendo in alcune professioni, sistemi complessi, interfacce evolute macchina-uomo.
Selezione attraverso l’Intelligenza Artificiale
A titolo di esempio riportiamo il caso di una grande multinazionale, Unilever, che ha adottato, a partire dal 2016, un processo di selezione del personale che utilizza l’Intelligenza Artificiale e la Gamification.
Il primo step riguarda l’apertura di posizioni lavorative su LinkedIn o Facebook da parte dell’azienda: il candidato si iscrive senza bisogno di inviare il classico curriculum e un algoritmo fa una prima valutazione delle competenze in base al profilo Linkedin.
Il passo successivo, per chi viene ritenuto idoneo, consiste in una serie di giochi che misurano: concentrazione, memoria a breve termine, cultura generale e problem solving.
Il tutto viene eseguito anche comodamente da casa, dal proprio smartphone.
Le persone che superano questa fase, devono inoltrare un loro video messaggio di presentazione che un sofisticato software elabora in base alla voce, alle espressioni facciali, allo stile verbale e ai contenuti.
Solo chi supera questo ultimo passaggio viene convocato in azienda per un classico colloquio di selezione condotto da psicologi esperti, che avranno modo di analizzare e valutare l’insieme dei dati provenienti dalla componente esclusivamente digitale del processo di selezione, integrandola con le loro valutazioni durante il colloquio con il candidato.
Tornando quindi al tema iniziale è abbastanza semplice constatare che è impossibile fermare i grandi cambiamenti in atto ed è per questa ragione che il modo migliore per contrastare il timore, spesso immotivato, verso il futuro, è la costante ricerca volta a comprendere sempre meglio gli elementi distintivi e il vero il valore dell’intelligenza umana.
Continuare ad alimentare, attraverso la formazione, quel patrimonio di flessibilità cognitiva che ha caratterizzato la nostra straordinaria capacità di adattamento nel corso della storia.
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