Il volto è la prima cosa che guardiamo negli altri, è il primo canale espressivo con il quale trasmettiamo le emozioni che proviamo, il nostro atteggiamento, la nostra propensione ad agire e a comunicare.
Possiamo mostrare tristezza, rabbia, paura, oppure disgusto, disprezzo, qualche volta sorpresa, e ben 16 tipologie diverse di emozioni collegate alla felicità.
Cosa succede quando cerchiamo di nascondere le nostre emozioni agli altri? Il tentativo di celare l’insorgenza di un’emozione, oppure di mentire apertamente, lascia fuoriuscire preziose informazioni attraverso il nostro volto. Queste espressioni involontarie, che spesso durano poche frazioni di secondo, sono definite “micro espressioni”.
Non sempre le espressioni emozionali si manifestano interamente sul volto, a volte interessano solo su una parte di esso, parliamo in questi casi di espressioni parziali o sottili, che possono emergere anche sotto forma di micro espressioni. Allo stesso modo ci comunicano ciò che l’interlocutore sta davvero provando.
La modalità non verbale di comunicare i sentimenti gioca un ruolo importante nelle nostre relazioni più intime. John Gottman, in uno studio longitudinale durato dieci anni, ha dimostrato che l’87% delle coppie osservate, che manifestavano micro espressioni facciali di disprezzo e disgusto nei confronti del partner, hanno divorziato in un arco temporale compreso tra i 4 e i 6 anni.
Per quale ragione assume un’importanza così rilevante il manifestarsi di queste due emozioni (e correlate micro espressioni facciali) nei rapporti di coppia?
Il disgusto è un’emozione legata alla repulsione sensoriale e cognitiva, per cui chi lo prova tende ad allontanarsi da un oggetto (oppure da una persona, o da un pensiero espresso da qualcuno) che ritiene “velenoso” o contaminante. Il palesarsi di questa emozione, specie nella sfera sessuale, disinnesca qualsiasi attrazione fisica nei confronti del partner e crea quindi una distanza sia fisica che mentale.
Il disprezzo comunica invece un senso di superiorità morale rispetto all’altro, che viene quindi relegato a un ruolo inferiore, meno meritevole del nostro tempo e della nostra attenzione. Un rapporto così impostato crea asimmetria e disparità, disumanizza l’altro ponendolo su un “gradino inferiore” rispetto a noi. Il rispetto per la persona che ci sta accanto in questi casi viene meno minacciando alla radice la possibilità di stabilire una relazione costruttiva.
Quando il disprezzo si manifesta all’interno del contesto lavorativo crea tensioni e disarmonia. Nei rapporti gerarchici può significare mancanza di riconoscimento del ruolo e disistima, conflitti latenti che possono preludere alla rottura di un rapporto o all’insorgenza di gravi disservizi. Per questa ragione sarebbe provvidenziale saper riconoscere le espressioni di disprezzo in tempo utile e potere quindi gestire efficacemente la relazione.
Il volto e i suoi rapidi movimenti sono quindi la via principale per intuire le possibili scelte comportamentali dell’altro. Questi preziosi indicatori, spesso manifestati in maniera involontaria e rapidissima, ci informano sulle reazioni del nostro interlocutore. Possiamo in questo modo comprendere se è in accordo con noi, oppure dubbioso o spaventato da una nostra proposta; felice o arrabbiato per la nostra presenza.
Le espressioni facciali possono indicarci quando qualcuno prova un’emozione, ma rimane il fatto che è difficile stabilire, senza effettuare domande, la causa diretta dell’emozione provata dall’interlocutore.
Un altro aspetto riguarda le caratteristiche peculiari di ogni singolo individuo, definite “baseline”.
Una persona può mettere in atto comportamenti abitudinari non necessariamente correlati a un preciso significato (ad esempio alcune mimiche facciali come: aggrottare le sopracciglia; risucchiare le labbra all’interno della bocca; corrugare il naso quando ride; sollevare il labbro superiore quando pronuncia verbalmente alcune vocali o consonanti).
Imparare a individuare le micro espressioni legate alle emozioni è importante per molte ragioni:
Come possiamo però capire quali precise azioni muscolari sono coinvolte in queste importanti espressioni facciali? Come è possibile valutare l’intensità delle emozioni grazie a una precisa lettura dei muscoli del volto?
Il metodo più famoso e attendibile per la lettura delle espressioni facciali, è il Facial Action Coding System (FACS). Il FACS è un atlante di azioni muscolari del volto onnicomprensivo, oltre che un metodo d’indagine che trasforma l’osservatore umano, ovvero il Codificatore Certificato FACS, in un tecnico esperto nell’analizzare le espressioni facciali delle persone.
Creato da Paul Ekman e Wallace V. Friesen, questo affascinante strumento permette di codificare ogni possibile mimica manifestabile dal volto umano (quali azioni muscolari si attivano e in che intensità).
Le sue applicazioni scientifiche trovano impiego nell’ambito della ricerca psicologica ed etologica, o nella stesura di eventuali relazioni tecniche validabili (ad esempio in ambito psicologico-forense) o nell’elaborazione delle digital-animazioni (il database delle espressioni facciali utilizzato dalla Disney-Pixar nei suoi cartoni animati più recenti è stato strutturato grazie al FACS e alla preziosa consulenza del Prof. Paul Ekman).
Il volto è però solo il primo dei 5 canali espressivi analizzati da chi usa il metodo scientifico di Paul Ekman. Chi è professionalmente addestrato ai metodi ESaC (Emotional Skills and Competencies) ed ETaC (Evaluating Truthfulness and Credibility) infatti, riesce allo stesso tempo ad analizzare nell’interlocutore:
Specializzarsi su uno solo di questi canali della comunicazione ci pone di fronte a evidenti limitazioni, poiché molte delle informazioni trasmesse dal nostro Sistema Nervoso Centrale (e Autonomo), si manifestano sotto forma di comportamenti complessi (verbali, para-verbali e non verbali), che coprono l’intera area espressiva della persona. Si pensi solo a quanto le oscillazioni della voce possano diversificarsi con l’insorgenza di forti emozioni; quanto i nostri gesti, le posture che assumiamo, le reazioni neurofisiologiche visibili (pallore, rossore, orripilazione, ecc.), possano risultare determinanti ai fini dell’indagine emotivo-comportamentale.
Paul Ekman stesso ci ricorda che, a oggi, l’uomo è lo strumento più affidabile nella codifica e nell’interpretazione del comportamento umano (rispetto ai software di codifica automatica, riesce a tracciare meglio la baseline del volto e del Body Language della persona, oltre a contestualizzare meglio le variabili comunicative emesse).
Ma anche l’osservatore umano, senza una adeguata formazione su “come” e “cosa” guardare, potrebbe affidarsi solamente all’istinto, al sesto senso, al caso o alla fortuna.
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