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Daniel Goleman, scrittore, psicologo e giornalista statunitense, autore del best-seller “Intelligenza emotiva” del 1995, definisce la leadership, come
“…la capacità di influenzare la gente, e aiutarla a lavorare meglio per raggiungere uno scopo finale in comune.”
Secondo l’autore, esistono 6 principali stili di leadership:
– il Leader visionario: condivide con i dipendenti la Mission e la Vision, l’Obiettivo Finale, e crea in azienda un clima particolarmente positivo. Questo stile aiuta e sprona il team quando l’azienda attraversa un momento di cambiamento.
– il Leader coach: crea una connessione fra la Mission aziendale e i bisogni e valori del singolo lavoratore. Questo stile valorizza lo staff e rinforza le prestazioni eccellenti, in termine di quantità e qualità dei comportamenti.
– il Leader democratico: valorizza ogni dipendente, ne cerca l’appoggio o il consiglio prima di prendere decisioni, e crea un ambiente partecipativo, che responsabilizza e valorizza ogni singolo membro del team. Questo stile è utile al clima lavorativo, aumenta la produttività, e permette al Leader di ottenere buoni feedback. “Mentore saggio”.
– il Leader sociale o affiliativo: il suo obbiettivo è creare armonia nel team e nei rapporti. La relazione è al centro. Questo approccio è utile a creare un team coeso e compatto.
– il Leader battistrada: è un precursore, colui che traina il gruppo ed è focalizzato all’obbiettivo. Il leader può essere visto come “inarrivabile”, eccessivamente determinato e poco empatico. Se questo approccio è estremo nel leader, incute ansia nei dipendenti. Questo stile è ottimo se ci si affaccia su nuovi mercati, ma se costante, mina l’essenza del team working.
– il Leader autoritario: è persona che preferisce farsi rispettare che farsi ammirare dallo staff. Impone la Vision, in modo esplicito o implicito crea sensibili asimmetrie nelle relazioni, non accetta repliche. Motiva il personale in modo coercitivo (“non accetto fallimenti, altrimenti…”), crea un clima aziendale teso nel quale i singoli difficilmente si prendono responsabilità, per paura di deludere il leader. Il leader viene seguito per evitare eventuali punizioni. Fintanto che è presente (nella stanza, in azienda), il team esegue ogni regola da lei/lui imposta, ma in sua assenza questo non è garantito, e anzi è fonte di forte critica: l’eccesivo uso di rigide regole, ottiene l’effetto contrario, e crea nel team un malcelato “desiderio di evasione e trasgressione”. Questo stile è consigliato solo in casi di emergenza e crisi finanziaria.
QUALE STILE APPLICA IL “LEADER” EFFICACE
Un buon leader deve essere in grado di adottare ognuno di questi stili, e applicarli in modo elastico, mai rigido e unimodale, cercando di limitare, in termini di tempo e uso, gli stili “battistrada” e “autoritario” alla gestione dei collaboratori “lassiz faire” (ovvero che rimandano impegni e responsabilità), perché altrimenti davvero poco efficaci: il Leader efficace è connotato da Intelligenza Emotiva, per cui sa comprendere e gestire le emozioni, in sé e nell’altro, e sa approcciarsi all’altro con la giusta dose di empatia e serietà.
Un buon Leader è quello che viene seguito dal team, in modo spontaneo, armonico, sincero.
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